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La storia

I PRIMI ANNI CINQUANTA (1950-54) II parte

I PRIMI ANNI CINQUANTA (1950-54) II parte
...Io dico, seguitando, ch’assai prima che noi fossimo al piè de l’alta torre li occhi nostri n’andar suso a la cima (Inf., VIII, 1-3)

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1952 – Le Olimpiadi di Helsinki
… ove vestigio human l’arena stampi (F. Petrarca, “Solo et pensoso”)

Londra e il “Settebello” sono ancora impigliati nelle menti degli appassionati come se la finale contro l’Olanda si fosse giocata ieri, e quasi d’improvviso ci ritroviamo alla successiva Olimpiade, la numero XV, in programma nel ’52 ad Helsinki. Nella pallanuoto le attese di un movimento in forte espansione non vengono deluse. Nella Nazionale di coach Mario Majoni che si cinge della medaglia di bronzo compaiono tre giallorossi: Gildo Arena, Renato Traiola e Maurizio Mannelli. Quest’ultimo è stato il primo fuoriclasse della pallanuoto alla Canottieri. Nato a Roma, trasferitosi a Napoli ancora bambino, vantava natali agonistici da nuotatore: agli Assoluti del ’48 era arrivato secondo sui 100 stile, terzo sui 200, nel ’53 di nuovo terzo sulla doppia vasca; aveva quindi fatto parte della 4 x 200 campione d’Italia dal ’51 al ’53. Su questa solida preparazione aveva innestato la lettura del suo ruolo di difensore mobile e aggressivo. Completo, duttile, forte fisicamente ed atleticamente, era in grado di irretire attaccanti pesanti o mobili, impostare come riferimento arretrato e proporre la sua azione con instancabile lena; quando avanzava a testa alta con la palla tra le braccia era inarrestabile, anche perché alla naturale vigoria coniugava un imprevedibile “dribblig”, virtuosismo che solo i migliori potevano permettersi. Componente delle “Tre emme” (Mannelli, Monaco, Morelli) che avevano propiziato la promozione del C.C.N. in serie A, si era rivelato la variabile positiva della formazione che aveva ghermito il primo scudetto. Inamovibile in azzurro dal ’49 al ’56, alla medaglia di Helsinki, aggiungerà il bronzo degli Europei di Torino ’54 e l’oro ai Giochi del Mediterraneo nel ’55. Allora, però, non militava nella Canottieri: per un litigio con il coach Zolyomy, nel ’54 era andato via per condurre al titolo (come giocatore-allenatore) la A.S. Roma. Cosa era accaduto ? Gli episodi tramandati hanno uno sfondo … culinario: un’aragosta ordinata senza il permesso dell’ungherese, un babà offerto al fratello più piccolo Luigi, anche questo di propria iniziativa. Strambo destino, certo, per un ragazzo capace di disintegrare due grosse mele assieme stringendole una nella mano destra l’altra nella sinistra. Per fortuna, i rapporti si ricompongono nel ’58, quando Mannelli Senior torna al Molosiglio per il secondo scudetto del C.C.N., quello delle tre coppie di fratelli (Dennerlein, Mannelli, De Stefano). Permane invece la ruggine con Zolyomy, che, divenuto allenatore della Nazionale, lo estromette dalle Olimpiadi di Melbourne ’56 accusandolo di indisciplina. Come il più giovane fratello Luigi, abbandonato l’agonismo, si dedicherà alla professione di Ingegnere.

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Anche nel nuoto, ogni mossa era stata programmata in vista dell’atteso appuntamento olimpico. In inverno la Federazione aveva selezionato i migliori atleti per raduni straordinari nelle poche piscine coperte al nord Italia: Bubi Dennerlein è di stanza a Paderno del Grappa al Collegio Filippin; il chilometraggio quotidiano assegnatogli è sui 3 km. La preparazione prosegue a Torino e Genova, dove Massaria, Romani, Pedersoli e Bubi abbassano due volte il record italiano della 4 x 200; li affianca, come riserva, Fofò Buonocore, con il quale, nei test non ufficiali, il crono scende di altri 2”. Serve a poco, perché qualcosa in Finlandia cambierà tutto.


La svolta di Bubi
… per lo gran disio de l’eccellenza ove mio core intese (Purg., XI, 86-7)

Le Olimpiadi di Helsinki rimangono negli annali del nuoto italiano per la celebre iniziativa di Bubi Dennerlein, il quale, spinto da inesausta sete di conoscenza e desiderio di eccellenza, si reca ad osservare gli allenamenti di giapponesi e americani, che praticano giornalmente sessioni di 8-10 km con il sistema dell’”interval training”: è la verità rivelata. Bubi, che parla italiano e tedesco, si avvale dell’inglese di Carlo Pedersoli per prendere contatti con lo staff tecnico degli U.S.A.; i due, assieme a Fofò Buonocore, discorrono con il Capo Allenatore Matt Mann della University of Michigan e con il suo assistente, il sommo Bob Kiphuth della Yale University; questi ne esamina lo stile, li consiglia e spiega gli enormi margini di miglioramento di cui potrebbero beneficiare con l’applicazione dei diversi metodi. Bubi è certo di aver compreso la svolta che la statica cerchia del nuoto italiano attendeva: la sua mente analitica, onnivora, si mette in moto; fa confronti, proiezioni, applicazioni. Ma spesso le idee rivoluzionarie generano scetticismo in chi diffida dell’intelligenza e del progresso: nell’ambiente natatorio nostrano in cui Bubi si muove, col quale tenta di dialogare, non si comprende la portata dell’innovazione, che non si limita alla quantità dell’allenamento, ma sconvolge alla radice la prassi pregressa: prevede ripetute con brevi intervalli di sosta costruite su serie differenziate, lavori ed esercizi specifici, diversificazioni dei tipi di preparazione, condizionamento fisico e adattamento fisiologico: una speculazione da noi sconosciuta. Perfino un giornalista del calibro di Furio Lettich sulla Gazzetta dello Sport tratta il napoletano come un visionario quando sperimenta le novità su sé stesso: “Il fervore dell’azzurro è stato ammirevole sì per volontà, ma molto meno per raziocinio”; bolla sarcasticamente le sue iniziative come una “entusiastica iniziazione”, definisce il metodo “pura teoria” 5. L’allenatore italiano Berto Usmiani, che già pare non ami molto Bubi 6, osteggia apertamente le nuove idee ed i suoi fautori con ragionamenti retrogradi: gli italiani non sarebbero etnicamente in grado di sopportare certi carichi di lavoro e competere con altre Nazioni più evolute. Inizia un insanabile dissidio tra il giallorosso ed il C.T.: questi, intanto, esclude dalla 4 x 200 Fofò e mette Bubi in panchina col risultato che la staffetta peggiora i tempi invernali e non si qualifica neppure per la finale. Fofò, dal canto suo, potrà disputare i 100 stile chiudendo la batteria in 1’02”3.
I protagonisti della controversia affronteranno da subito momenti di incertezza: nel ’53 Usmiani viene giubilato come responsabile tecnico della Nazionale (a favore di Osvaldo Berti) e si ricicla come dirigente in seno alla FIN, mentre Bubi, al compimento della maggiore età, sentendosi avviluppato in un clima di oscurantismo, opta per la nazionalità tedesca (paterna); nel ’55 è inibito dalle competizioni nazionali, ma nel ’56, quando Percuoco è eletto Presidente della Federnuoto, rivede la luce, la possibilità che sia perseguita ‘la diritta via’ 7, e sceglie in via definitiva l’Italia. Ancora poco, il tempo di raccogliere le meritate soddisfazioni da atleta, e Dennerlein Senior, nel nostro Paese, assurgerà al rango di riconosciuto Copernico dettando l’intelaiatura concettuale del nuoto italiano, la cui storia si divide in prima e dopo il suo avvento.

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Il settore giovanile e i precetti di “Bandy”
...iam nova progenies caelo demittitur alto (Virgilio, Bucoliche, IV, 7)

Se le Olimpiadi catalizzano l’attenzione e le energie del mondo sportivo, importanza non secondaria rivestono, per la Canottieri, gli eventi agonistici che le precedettero.
Nel campionato di pallanuoto del ‘52, il C.C.N., mantenendo inalterata la formazione tricolore, chiude ottimo secondo nonostante un infortunio occorso a Maurizio Mannelli; parte il ciclo delle società della Riviera di Levante (R.N. Camogli, Pro Recco), che catapultano ai vertici nazionali la pallanuoto della Liguria: il Camogli si appropria di quattro titoli in sette anni, delimitati da quelli della Canottieri nel ’51 e ’58; tra le due contendenti si accende un’aspra rivalità, che prende le mosse anche dall’opposta concezione del gioco: i liguri prediligono lo scontro basato su potenza e prepotenza fisica in una visione tattica più statica; il dinamismo distingue i partenopei, che fanno leva su nuoto, tecnica, inventiva.
Nel ’52, inoltre, al concentramento finale di Modena, inizia l’impressionante serie di affermazioni delle nostre squadre juniores, sul tetto d’Italia per sei volte in sette stagioni 1. La sagace cura del settore giovanile di nuoto e pallanuoto resterà il vanto della Canottieri, orgogliosa di una scuola che consentirà, dal ’55 in avanti, una gestione sostanzialmente autarchica; se togliamo gli stranieri, ove consentiti (Stipetic nel ’51, Polacyk nel ‘90), otto scudetti sono stati vinti con appena tre giocatori di estrazione non giallorossa, peraltro napoletani prelevati dai cugini della Rari: Gildo Arena (‘51), Enzo D’Angelo (‘73), Sante Marsili (‘79). Discorso analogo va esteso al nuoto, disciplina in cui tutte le nostre stelle sono cresciute al Molosiglio con l’eccezione della brava Flavia Rigamonti (attiva per il C.C.N. nel 2003-6): si parla di 30 campioni d’Italia e di altri 44 atleti saliti sul podio nazionale per 137 titoli individuali e 20 di staffetta, 244 tra argenti e bronzi individuali, 46 di staffetta.

1 Queste le formazioni juniores campioni d’Italia:
1952: Maurizio Tortora, Franco Russo, Fofò Buonocore, Fritz Dennerlein, Vittorio Staiano, Alfonso Picone, Lello De Stefano, Ciro Di Sciullo *,
1953: Piero De Stefano, Franco Russo. Fofò Buonocore, Fritz Dennerlein, Vittorio Staiano, Luigi Mannelli, Lello De Stefano, Ciro Di Sciullo, Alfonso Picone.
1954: Piero De Stefano, Franco Russo, Fritz Dennerlein, Vittorio Staiano, Luigi Mannelli, Lello De Stefano, Mario De Vita. Riserve Giorgio Buonanno, Enrico Morelli, Romolo Postiglione.
1955: Piero De Stefano, Franco Russo, Bubi e Fritz Dennerlein, Vittorio Staiano, Luigi Mannelli, Raffaele De Stefano, Ciro Di Sciullo, Franco Sannino.
1957: Piero De Stefano, Franco Russo, Claudio Jodice, Fritz Dennerlein, Cristian Schollmeyer, Luigi Mannelli, Lello De Stefano, Raffaele Squillante.
1958: Piero De Stefano, Franco De Falco, Fritz Dennerlein, Cristian Schollmeyer, Raffaele Squillante, Luigi Mannelli, Lello De Stefano, Giovanni Capobianco, Alberto Santamaria.
* Ciro Di Sciullo allenerà a lungo la Rari Nantes Napoli.

Squadra allievi Campione d’Italia del 1954: Piero De Stefano, Franco Russo, Fritz Dennerlein, Vittorio Staiano, Ciro Di Sciullo, Luigi Mannelli, Lello De Stefano.
Ricordiamo qui anche la prima formazione allievi di rilievo nazionale, quella del ‘46 e ’47 formata da Bruno Del Vecchio, Franco Cannavale, Fofò Buonocore, Enzo Fusco, Amerigo De Rogatis, Diego Forquet, Guido d’Aquino e Caiazza.

...Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte (Purg., XXII, 67-9)

In prima squadra Gildo Arena inizia a risentire di alcuni acciacchi fisici e della doppia funzione di giocatore e allenatore. Percuoco riserva alla sua Canottieri solo mire ambiziose, e nel ’53, a campionato iniziato, fa tornare dalla Spagna Andres “Bandy” Zolyomy, ricostituendo così il binomio vincente che aveva dettato legge in Italia a cavallo della guerra: la fama del mago ungherese, classe 1913, era difatti legata ai 5 titoli ottenuti con la Rari Nantes del mattatore Arena, anche se, agli Europei di Montecarlo ’47, aveva portato la Nazionale italiana al suo primo alloro internazionale. Aveva poi girato l’Europa, era stato condannato a morte durante la guerra, si era fregiato dello scudetto con la Canottieri Olona in una carriera di corsi e ricorsi in cui riuscirà a fare tutto due volte, pilotando, in tempi diversi, Rari Nantes, Italia e Spagna, quest’ultima a quattro Olimpiadi.
Rubicondo, col nasone incorniciato nel viso tondo e la voce roca, acuto psicologo, preceduto dalla fama di sapiente, appariva agli occhi dei giocatori quasi come uno sciamano, depositario di misteriosi segreti, occulti ai più; predicava, invece, una filosofia articolata su precetti semplici, chiari, esemplari: i fondamentali sulla palla, l’amalgama tra i componenti dell’insieme, una formula di gioco lineare ed efficiente, con struttura rigida delle posizioni sulla quale far operare istinto e fantasia degli interpreti. Di qui la ragione dei suoi successi, la spiegazione del suo declino. Era stato tra i primi a dare alla pallanuoto, dopo gli esordi pionieristici, un ordinamento compiuto, una definita ortodossia; ancorato a quella pristina visione, non era riuscito a comprendere le istanze di rinnovamento. Quando nel ’56 tenterà il rilancio tornando alla Rari Nantes con Gildo Arena, la mossa rimarrà un amarcord: il loro tempo era irrimediabilmente scaduto.
Percuoco, divenuto Presidente della FIN, gli donerà l’opportunità della vita, affidandogli la Nazionale olimpica di Roma, un gruppo fenomenale che lui saprà indirizzare al gradino più alto del podio: sarà il canto del cigno. Roma fa da spartiacque tra due mondi: Bandy Zolyomy è l’ultimo, venerato maestro di un’epoca eroica; lo incalza ormai Bubi Dennerlein, il primo genio della modernità. L’uno, rivolto al passato, rappresenta e magnificamente chiude un’era; l’altro apre lo sport al futuro; il magiaro cantava di un tempo epico, in cui forza e fantasia del singolo, ben canalizzati, facevano sorgere il gioco in maniera spontanea; il napoletano proietta nelle piscine il metodo scientifico, la forza incontrovertibile della ricerca.
Nel suo (breve) periodo alla Canottieri, Zolyomy non supera il terzo posto in campionato, prevalendo in alcune Manifestazioni amichevoli pur con formazioni rimaneggiate: nel ’54 a Napoli il C.C.N. fa suo il Trofeo Esposizione Internazionale della Navigazione, a Roma nel ’53 aveva vinto il Torneo Internazionale organizzato dall’Ambasciata tedesca con Lazio, Dortmund e Dusseldorf; nella circostanza, la squadra era stata ricevuta in Vaticano in Udienza Particolare da Papa Pio XII 2. L’investitura del magiaro si rivelò comunque feconda: l’attenzione per lo sviluppo del vivaio, la necessità di partire dai fondamentali, l’organizzazione dettagliata dei particolari, il principio della inviolabilità dell’unione del gruppo sono alcuni dei corollari trasmessi dal suo credo. A lui si ascrive anche il merito di aver avviato al mestiere di allenatore Enzo Fusco, al quale cominciò ad affidare mansioni di collaboratore per i settori giovanili.

2 A Roma la squadra era composta da Alfredo Scaletti, Nino Greco, Maurizio Mannelli, Fofò Buonocore, Bubi e Fritz Dennerlein, Fofò Picone, Alberto Sannino, Diego Forquet. A Napoli l’anno dopo c’erano Alfredo Scaletti, Nino Greco, Franco Cannavale, Fofò Buonocore, Franco Russo, Bubi e Fritz Dennerlein, Piero De Stefano, Franz Di Mehlen, anch’egli di origine tedesca.


...come grato occorre … il rimembrar delle passate cose (G. Leopardi, “Alla luna”)

Tra i diversi personaggi del momento, ricordiamo tre portieri. Guglielmo “Mimmo” Ferrazzani, presente dalla serie B, era il vice di Traiola nella formazione Campione d’Italia del ’51; nel ’53 passa anche titolare trasferendo in acqua il suo entusiasmo e le doti di uomo-spogliatoio. Avvocato, interprete della vita mondana partenopea, non smetteva mai di rivolgere i suoi pensieri alla Canottieri, dove aveva portato Enzo Fusco; giocheranno nel sette giallorosso i figli Mauro e Raoul, valenti anche come nuotatori. Nel periodo compreso tra Renato Traiola e Piero De Stefano, l’estremo difensore del C.C.N. era Alfredo Scaletti; adesso è affezionato custode della memoria del Circolo, dove lo si può incontrare ogni giorno di buon mattino: cordiale, affettuoso, disponibile, con lo sguardo trasognato di chi ne ha viste tante ma in fondo è rimasto lo stesso ragazzo che calava le porte a mare, rievoca tutto e tutti con accenti di sincera emozione; poi, d’improvviso, trovata una via di fuga, ripiomba nel presente, alle partite del Napoli, agli accadimenti contemporanei; dalla battuta spiritosa un tornante della memoria lo sospinge di nuovo “al suo buon tempo”, a quella volta in aereo quando fece una gran figura con la ragazza seduta accanto, mercé lo champagne offerto dal comandante che era stato nuotatore al C.C.N. nel ‘50. Ufficiale del I Reggimento Granatieri di Sardegna, nel ’58 aveva vinto, con i concittadini D’Altrui e Parmegiani, i Campionati Mondiali Militari a Berlino Ovest. Bruno Del Vecchio esordì nella massima serie il 15 settembre ’53 a Livorno da … centravanti per via di un infortunio occorso a Morelli; si vinse 12-0. Emergeva nel contempo da ala-pivot nel Basket Napoli; nei raduni della Nazionale di pallacanestro era l’unico, con Rubini e Gambini, a poter affermare di praticare anche la pallanuoto: “Era logico – scherza – con la Canottieri viaggiavamo in prima classe, alloggiavamo nei migliori alberghi, mentre i cestisti erano segregati nelle vetture di terza, su sedili di legno e, di notte, ci si doveva accontentare di reti che parevano prese dalle barche da pesca”. Avvocato, Magistrato, industrioso Consigliere alla Casa negli anni ’70 con l’hobby dell’ippica, conserva la presenza, l’aspetto autoritario, il tono di voce perentorio e sicuro del senatore romano.

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1954 – Il trasferimento alla Mostra
...Iamque rubescebat radiis mare et aethere ab alto Aurora in roseis fulgebat lutea bigis, cum venti posuere omnisque repente resedit flatus … (Aen., VII, 25-8)

Il 3 e 4 aprile 1954 si inaugurano a Milano i Campionati Italiani “invernali” (o “indoor”) di nuoto, alla piscina Cozzi di 33 metri; nonostante la temperatura dell’acqua sia di 21 gradi, Fritz Dennerlein, che l’anno prima aveva centrato il 2° posto sui 200 stile, coglie il primo successo individuale battendo sui 400 il favorito Gianni Paliaga della Fiat. Ad agosto i due si ritrovano assieme agli Europei di Torino nella 4 x 200 (completata da Romani ed Elmi) che si classifica sesta; alla rassegna continentale non può mancare Fofò Buonocore nei suoi 100 stile. Nella squadra di pallanuoto, che giunge terza, vi è il giallorosso Enzo Polito: difensore potente (era alto 1,90) eppure dotato di gran tiro, bronzo alle Olimpiadi di Helsinki, due volte Campione d’Italia con la Rari Nantes, era stato attirato alla Canottieri nel ’52 per sostituire il biondo Stipetic; a fine stagione tornerà al sodalizio biancoceleste di cui, divenuto Ingegnere, sarà anche Presidente.

L’8 giugno ’52 aveva riaperto la Mostra d’Oltremare, danneggiata dai bombardamenti della guerra; al suo interno, nel ’54, viene completato il ripristino della piscina olimpica, l’unica a Napoli, dove si trasferisce l’attività di nuoto, pallanuoto e tuffi dei club partenopei. Per tutti gli anni ’50 gli incontri serali restano ancora un evento popolare, alla moda: i negozi anticipavano la chiusura alle 19,30 per consentire ai tanti tifosi di essere puntuali al ‘double’: overture alle 20,30, secondo spettacolo un’ora dopo. Nelle occasioni più sentite potevano rimanere fuori più di mille persone che vociavano tentando di raccogliere informazioni sull’evoluzione del punteggio. I giocatori della Canottieri convergevano a Fuorigrotta sul pullmino in abito completo e dopo la partita, impeccabili, rientravano a cenare al Circolo con i dirigenti; i saloni erano colmi di soci curiosi di ascoltare il racconto della partita, delle azioni più belle, degli artifici riusciti o sbagliati in una piscina di acqua clorata. Dai finestroni, però, non si vedeva più, di fronte, la sagoma del vecchio campo a mare.
Il progresso lascia solo immagini in bianco e nero che sbiadiscono sempre più: l fasci di legname delle tribune, che si montavano nell’annuale ripetersi di un benigno rito propiziatorio; i fuochi d’artificio che annunziavano il derby Canottieri-Rari Nantes, la transumanza degli appassionati dalle strade cittadine ai giardini di Via Acton, dove si trovava la biglietteria. Soprattutto, dall’ambito di nuoto e pallanuoto, scomparve il mare, che forse al Molosiglio non era più così azzurro 9, ma pure era l’epico, immenso e luminoso mare nel quale, tuffandoti per gli allenamenti, percepivi che balenavano filamenti di luce, si confondevano e ritrovavano tracce di lunghe scie, si raccoglievano i sussulti di un firmamento visibile o remoto, perché, suggerisce Claudio Magris, “Il mare è una grande prova dell’anima” 10.
Cambiò, di conseguenza, finanche il lessico: il C.C.N. era comunemente identificato come “La squadra del Borgo Marinari”, con riferimento all’antica sede, oppure “Il sette della Litoranea”, la strada che sovrasta il Circolo (l’attuale Via Cesareo Console); alla Mostra, sarà unicamente la Canottieri.
L’epopea del mare era finita.

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Le altre discipline nei primi anni ‘50
...O luminoso etere e venti dalle rapide ali, sorgenti dei fiumi, e dei marini flutti infinito sorriso, e terra di tutto madre, e te, sole onniveggente, evoco (Eschilo, “Prometeo incatenato”)

In questo primo periodo degli anni ’50, tra gli altri sport marinari, la Vela trova un superlativo alfiere in Alfredo D’Angelo, detto “Chiang Kai-shek” per via dei lineamenti orientali: nel ’53 a Bari e nel ’54 a Siracusa è Campione d’Italia nella classe Dinghy.
Intanto, sul finire degli anni ’40 era approdata in Italia una nuova barca a spigolo, il Lightning 11; a Napoli, nel ’49, si erano organizzati i primi campionati nazionali della neo-costituita classe, nella quale, dopo poco, i giallorossi iniziano a brillare. Nel ’53 Camardella, De Sanctis e Castellino (timoniere) su “Temporale” si assicurano il Trofeo Mare Nostrum. Nel ’51 sul decantato Star “Legionario” Carlo Rolandi e Rocco Iemma primeggiano nella regata internazionale di Anzio, mentre Nicola Castellino e il 17enne Aldo Valenzuela si impadroniscono della Coppa De Concilis. Messosi in luce giovanissimo, Valenzuela è tra i protagonisti del momento: nel ’54 rivince nella Star le regate internazionali del golfo assieme a Maurizio Miraglia, l’anno seguente è argento agli Europei di Napoli classe Lightning, nel ’57 secondo agli Italiani di Formia classe Star in coppia con Alfonso “Fofò” Marino. Ingegnere come il padre Enrico, rigoroso Consigliere della Sezione, stimato e benvoluto per simpatia e nobiltà d’animo, sarà tra i precursori a Napoli delle regate di crociera (poi vela d’altura); oggi gli sarebbe difficile estrapolare un singolo episodio della sua età di studente-velista: meglio, può riviverla intera in un attimo ed esclamare sereno: “i miei ricordi sono tutti bellissimi”.
Nel Canottaggio il C.C.N. si riappropria, nel ’50, della Coppa Montù. L’otto fuori scalmo si impone nella Coppa Santa Maria del ‘52 e ’53, il ‘quattro senza’ nella regata di apertura della stagione 1954 3; si registrano inoltre i successi nella Coppa Lysistrata del ’50 e del ’53, e numerose affermazioni nel Campionato Italiano Allievi 4 che si protraggono per oltre un decennio.

3 Gli otto che vincono la Coppa S. Maria sono nel ’52 Cuomo, Parziale, Aldo Benedetto, Cataggio, Bianchi, Fiore, Di Bisceglie, B. Benedetto, tim. Pallonetto; nel ’53 Cuomo, Parziale, A. Benedetto, Di Bisceglie, Metafora, Fiore, Perozzi, Desiati, tim. Pallonetto. Il quattro senza del ’54 annoverava Cuomo, Parziale, A. Benedetto, Fiore.


Al Rally Motonautico del ’53 Luigi Rotondo e Luigi Frascani sono primi nella classifica della Coppa “Gatalea”. E’ un momento in cui impazza lo sci nautico, tra il ’50 ed il ’52 formalizzato in specifica disciplina affiliata alla Motonautica (si trasformerà in Federazione autonoma nel ‘62): Marco Potena tra le nevi è irriducibile avversario di Zeno Colò, nel golfo domina la maratona Napoli-Capri-Napoli stabilendo il primato della manifestazione in 59’18”3; nella stesso cimento, nel ’55, stravince, tra le donne, Gloria Valenzuela, sorella del velista Aldo. Si dedicano con costrutto a questa disciplina anche Ferruccio Marino, Marcello Catalano, Beatrice Bukhard.

4 Queste le vittorie dei nostri canottieri nei Campionati Italiani Allievi (fino al ‘64):
1950 - Quattro di punta e timoniere: Franco Morelli, Alessandro Canale, Luciano Battista, Maurizio Meriglioli, tim. Vincenzo De Filippo.
1951 - Due di coppia: Franco Morelli e Bruno Finoia.
1952 (Trieste, 3 agosto) - Quattro di punta e timoniere: Giovanni Cuomo, Benedetto Parziale, Aldo Benedetto, Luigi Fiore, tim. Vittorio Santorelli. Arriva 2° il doppio canoé con Di Bisceglie e Benedetto.
1953 (Castelgandolfo) – Doppio canoé: Luigi Di Bisceglie, Cosimo Di Leonardo. Quattro yole: Mario Pugliese, Domenico Carra, Marco Bianchi, Pasquale Desiati, tim. Vittorio Santorelli.
1955 – Due di coppia: Franco Perentin e Pasquale De Lise. Doppio Canoé: Franco Perentin e Franco Molfesi.
1956 – Doppio canoé: Luigi Molfesi, Giorgio Jacobi.
1957 - Doppio canoé: Giuseppe Castaldi e Franco Guida.
1962 - Doppio canoé:: Gaetano Sgura e Antonio Ruocco.


NOTE
5 Gazzetta dello Sport del 5 settembre 1952; anche in Aronne Anghileri, “Alla ricerca del nuoto perduto”, cit., pag. 283.
6 Secondo Aronne Anghileri “Usmiani, tra l’altro, non apprezza le origini israelite della famiglia Dennerlein”. (“Alla ricerca del nuoto perduto”, cit., pag. 282).
7 Divenuto Presidente Percuoco, la Federnuoto già nel ’56, per la prima volta, invia alcuni atleti (Romani, Pedersoli) ed il tecnico della Nazionale Berti per uno stage in America, proprio da Bob Kiphuth a Yale.
8 In quell’occasione, racconta Alfredo, prese la Metropolitana assieme ad un compagno di squadra col quale passò inavvertitamente il confine con Berlino Est; i due scesero alla prima fermata successiva riuscendo a rientrare senza esser fermati dalle guardie. Poco dopo, anche le gallerie della Metropolitana furono murate dal regime comunista.
9 Nel luglio ’51 era stata proibita per la prima volta la balneazione sul litorale di Mergellina.
10 Cfr. “Assirtidi” in “Microcosmi” di Claudio Magris, Ed. Garzanti, Milano, 1997, pag. 179. Raramente uno scrittore ha colto così in profondità il fascino del mare: “Il mare è devastante, perché intensifica la gioia e la sete di vita, è la seduzione del suo infinito ripetersi e rigenerarsi. Nella luce del mare le cose visibili acquistano un’intensità assoluta”. (ibidem).
11 L’imbarcazione, che rientra nelle Classi Internazionali Derive, venne progettata nel 1938 dall’americano Olin Stephens: la sua lunghezza fuori tutto è m. 5,79, la superficie velica totale di mq. 16,50. Sulla sua origine lo scrittore John Mack fornisce una diversa versione che ci trasporta nel pittoresco braccio di mare dello Strangford Lough; “nella acque del quale mio padre navigava a bordo di una caratteristica barca a vela che fu originariamente ideata da costruttori locali utilizzando scarti provenienti da cantieri navali; tipica di questa zona dell’Irlanda del Nord è conosciuta come classe Lightning” (J. Mack,“Storia del Mare”. Reaktion Books, Londra, 2011). Negli anni ’60 diverrà la seconda classe più diffusa al mondo ed in Italia venne adottato dalla Marina Militare.

A cura di Gian Nicola De Simone

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