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La storia

IL PERIODO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

IL PERIODO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
… tanto reo tempo si volse (Inf., V, 64-5)

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Lo sport nei primi anni di guerra
...Ma nel cuore / nessuna croce manca E’ il mio cuore / il paese più straziato (G. Ungaretti, “San Martino del Carso”)

Qualche mese prima dell’ingresso in guerra dell’Italia, la sede del C.C.N. viene sequestrata: al suo interno si insediano gli uffici della Regia Marina e del Genio Militare; su richiesta dei soci, resta a disposizione della Canottieri un simbolico spazio che, nelle intenzioni, dovrebbe servire come speranza di continuità e segno di una precisa appartenenza. Il tenace Presidente Livinio Gioffredi, coadiuvato dal marchese Mario Costa e da Vieri Bencini, ottiene allora, a titolo precario, i locali dell’ex Teatro Alhambra in Via Partenope. Si tratta di un fugace esilio, perché di lì a breve la palazzina del Molosiglio viene riconsegnata al sodalizio giallorosso che, per ora, può riprendere a operare, sebbene in tono minore.
A Napoli e nel Paese, fin quando il conflitto non tocca direttamente il suolo italiano, il regime fascista tenta di dissimulare le atrocità dell’impari scontro, invia segnali di normalità, fa leva sulla pratica sportiva per rassicurare la popolazione. In città, nonostante i primi attacchi aerei della Royal Air Force, ancora episodici e mirati, per oltre un paio d’anni, fino a tutto il ’42, le attività agonistiche proseguono. Alla Canottieri le competizioni tengono uniti i ranghi sociali; propongono ai giovani, a chi vi si può dedicare uno squarcio di serenità, anche per un fugace momento. Lo sport è l’unico regalo che ad alcuni questo tempo può concedere.
In una crisi così grave, tra mille disagi, sbocciano risultati commuoventi, specie nel canottaggio. Nel ’38 era giunto al C.C.N. come allenatore l’istriano Valerio Perentin, capovoga (a 19 anni) del ‘quattro con’ azzurro che vinse l’oro ai Giochi Olimpici di Amsterdam ’28 e quattro volte il titolo Europeo 1. Risiedeva a San Giovanni a Teduccio ed ogni santa mattina raggiungeva a piedi il Molosiglio, dove rimarrà fino al ‘56. La sua fermezza è presto ripagata. Dal ’40 al ’42 la Canottieri fa sua la prestigiosa Coppa Montù, trofeo annualmente assegnato alla società italiana che consegue i migliori punteggi tra tutte le gare delle diverse categorie. Nel giugno ’41 si disputano a Napoli i Campionati Nazionali di canottaggio in mare: la Canottieri ottiene uno dei successi più eclatanti della storia delle competizioni remiere, aggiudicandosi 11 regate su 13 (alle due rimanenti non era iscritta) 1. Un trionfo clamoroso, che statisticamente non trova eguali ma rimane quasi inosservato per le contingenze dell’epoca. Nella Manifestazione, oltre alla supremazia del fantastico ‘otto’, si segnala il rientro dei formidabili olimpionici Beniamino Cesi e Roberto Iaccarino, che dominano con il ‘doppio canoe’.

1 Quattro yole UNUCI: Greco, De Falco, Cesi, Cappabianca, tim. Spizzuoco
Yole a quattro: Minopoli, Cammarota, Gallino, Russo, tim. Spizzuoco. Quattro senza: Perrelli, Ferrara, Greco, Improta. Due con: De Gennaro, De Falco, tim. Barbalinardo. Due di coppia: Ermellini, Gentile. Otto outrigger: Perrelli, De Falco, Ferrara, Gallino, Improta, Greco, Lallli, Stazio, tim. Spizzuoco. Due yole: Minopoli, Cammarota, tim. Barbalinardo. Due senza: De Gennaro, De Falco. Doppio canoé: Cesi, Iaccarino. Otto yole: De Gennaro, De Falco, Greco, Ferrara, Paduano, Cappabianca, Lalli, Ermellini, tim. De Filippo. Otto outrigger allievi: Fermariello, Molino, Maviglio, Coletta, Cascianelli, Senes, Bonifacio, Canzanella, tim. Spizzuoco


Le maggiori soddisfazioni passano invero attraverso l’imbarcazione regina. L’otto del canottaggio è come la mischia di rugby (stesso numero di uomini), uno dei massimi miti dello sport: entrambi fondono disciplina individuale, spirito di corpo, lavoro d’insieme; la perfetta sinergia che ne deve risultare è l’immagine suprema della coesione, della forza dinamica, del valore del gruppo. Per il Napoli, la cui esistenza è messa a rischio dagli eventi, quell’armo è anche e soprattutto il simbolo dell’unione, della perseveranza. La yole a otto giallorossa, indisturbata agli Italiani di Napoli ‘41, si impone nella Coppa Lysistrata del ’40 e del ’41; a Lecco nel ’40 prevale nella prima edizione della Coppa Impero (poi Coppa Italia), dal ’40 al ’42 si aggiudica, con 3 vittorie consecutive, la Coppa Archimede De Gregori. Nel ’41 e nel ’42 l’otto di punta conquista la Coppa Mussolini (futura Coppa del Tirreno). Nel ’42, infine, vinto il Campionato Italiano Juniores, il C.C.N. sul Po fa suo il Trofeo Barbiellini, dominando con gli otto outrigger e yole 2.
Gli alfieri di queste imprese mostreranno innato senso civico, virtù personali e professionali messe spesso, anche come dirigenti, a disposizione del Circolo. Paolo Cappabianca, Avvocato, stella d’oro al merito sportivo, diventerà nostro Vice Presidente Sportivo e nel ’68 Vice Presidente della Federcanottaggio; gli è tutt’oggi intitolata una Coppa per equipaggi juniores assegnata durante le regate della Lysistrata. Nello Ermellini, Architetto nativo di Venezia, era detto “La fiera” per l’atteggiamento agonistico; si dice avesse nelle mani una tal forza da staccare i bulloni dei tram girandoli tra indice e medio; certo con un sol pugno afferrava da terra il remo per la sua estremità e lo poneva in verticale; raggiungerà anch’egli la Vice Presidenza dello Sport giallorosso e nel ’90 gli verrà consegnata la stella di bronzo al merito sportivo. Nello stesso anno riceve la stella d’argento Alessandro Greco, uno che donava alle bacheche sociali qualsiasi premio vincesse; Vincenzo Stazio, Avvocato penalista, sarà nominato Presidente del C.C.N. negli anni ‘77-’80. Ed ancora, vanno menzionati Mario De Gennaro, dermatologo, il cui figlio giocherà in porta nella squadra di pallanuoto, Giuseppe Lalli, Ingegnere, ed il timoniere Umberto Barbalinardo, Avvocato penalista rispettato per serietà e rigore di impostazione.
Nel nuoto si distingue Arrigo Marsiglia, che sarà Architetto di chiara fama, Presidente dell’Ordine, Professore di Arredo Urbano alla facoltà di Palazzo Gravina e Socio Benemerito della Canottieri; specializzato nei 100 stile, sale sul gradino d’onore del podio agli Italiani del ’40 con 1’03”2; tocca quindi terzo nel ’41 (1’02”6) e di nuovo secondo nel ’42, quando gli Assoluti si tengono a Genova in vasca coperta da 33. Ai Campionati Nazionali del ’40 Lucia Balsamo coglie invece l’argento nei 100 dorso con 1’28”9; nominata socia Benemerita il 26 gennaio 1947, insegnerà nel lingua e letteratura italiana al in America al Trinity College. Settore vela, infine: nel ’42 Ciappa e Cozzolino arrivano secondi al Campionato Italiano classe Star. Del primo sentiremo ancora molto parlare in futuro, ma è tra i pochi di questa generazione: il sopravvenire dei combattimenti nega agli altri più ampie opportunità.

2 L’equipaggio Campione d’Italia juniores è composto, in ordine di voga, da Mario De Gennaro, Marco De Falco, Alessandro “Sasà” Greco, Enrico “Popò” Ferrara, Pietro “Nello” Ermellini, Paolo Cappabianca, Giuseppe Lalli, Edoardo Improta; tim. Umberto Barbalinardo. Come gli imbattibili Cesi e Iaccarino, riceveranno tutti la gratifica di “Socio Benemerito”.
Coppa Impero, 1940: Giusti, Paduano, Minopoli, Cammarota, Baroni, Perrelli, Celentano, Vissardi, tim. Barbalinardo. Coppa del Tirreno, 1941: De Gennaro, Paduano, Greco, Ferrara, Ermellini, Cappabianca, Lalli, Di Giorgio, tim. Barbalinardo; 1942: De Gennaro, Improta, Greco, Ferrara, Ermellini, Coletta, Lalli, Cappabianca, tim. Barbalinardo. Trofeo Barbiellini 1942: otto outrigger De Gennaro, De Falco, Perrelli, Ferrara, Ermellini, Paduano, Lalli, Improta, tim. Barbalinardo; otto yole Minopoli, Cammatota, Irace, Grossetto, Traiola, Albertini, Di Scala, Negro, tim. Barbalinardo.
Coppa De Gregori, ‘40: Giusti, Paduano, Minopoli, Cammarota, Ferrandino, Cappabianca, Sarzina, Limpido, tim. Barbalinardo; ’41: De Gennaro, De Falco, Greco, Ferrara, Paduano, Albertini, Lalli, Ermellini, tim. Di Filippo; ’42: De Gennaro, Improta, Greco, Ferrara, Ermellini, Cappabianca, Coletta, Lalli, tim. Barbalinardo.



Il conflitto bellico a Napoli
… alle genti svela di che lacrime grondi e di che sangue (U. Foscolo, “Dei sepolcri”, 157-8)

Sullo scacchiere militare, Napoli è obbiettivo strategicamente fondamentale per la sua posizione e la presenza di reparti della flotta italiana; è inoltre capolinea delle rotte del Mediterraneo e primario polo industriale del Meridione. Dopo le incursioni aeree finalizzate a colpire navi e presidi militari, industrie e infrastrutture, il 4 dicembre ‘42 la città subisce il primo bombardamento a tappeto da parte di americani ed inglesi secondo la strategia Roosvelt.
Poco prima il Presidente Gioffredi, con il consueto piglio generoso, era partito volontario sul fronte libico per prestare la sua opera di medico chirurgo. Gli subentra, nel ’43, Gennaro Palmieri, già Tesoriere e Vice Presidente; nobiluomo affezionatissimo ai colori sociali, dedica ogni energia alla salvaguardia del patrimonio materiale e spirituale del Circolo. Come per la città e la Nazione, è questo il passaggio più difficile nella storia della Canottieri. Ogni situazione appare precaria, incerta, aleatoria. Prima di allontanarsi, Gioffredi, con l’aiuto di Palmieri, decide di mettere in salvo, per quanto possibile, i beni sociali: le imbarcazioni di remo e vela vengono nascoste in una grotta a Sorrento con la complicità dei devoti marinai giallorossi, tra cui Francesco, detto “Don Ciccio”; coppe e trofei sono dati in custodia presso il “Tesoro” del Banco di Napoli, parte delle masserizie viene trasferita in un deposito segreto alla Cesarea. Determinante il supporto prestato a queste iniziative da Francesco Picone: Avvocato, era stato allievo di uno dei principi del Foro partenopeo, l’inimitabile Giovanni Porzio; Federale di Napoli dal ’33 al ‘36, viene quindi proclamato nostro “Socio Benemerito”.
Nel ’43, con l’avvio della Campagna d’Italia, si susseguono, incessanti fino all’armistizio, 181 attacchi dal cielo; le bombe sganciate provocano morte, paura, distruzione: circa 20/25.000 persone, in massima parte civili, perdono la vita a causa dei raid aerei. Emblema dello sfacelo è lo scempio della basilica francescana di Santa Chiara, la chiesa più amata dai napoletani, centrata il 4 agosto durante un’ora e mezza di inferno scatenato da 400 velivoli.

...Libertà va cercando, ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta (Purg., I, 71-2)

Ripetutamente ferita, nell’immane tragedia del conflitto bellico Napoli si distingue per fierezza, coraggio, eroismo. Suggello del nobile spirito della sua gente restano le famose quattro giornate che, dal 27 al 30 settembre ‘43, precedono l’arrivo degli anglo-americani. Contro i tedeschi ed il loro piano di deportazione, malgrado lo stato d’assedio proclamato dal colonnello Scholl, l’insurrezione divampa inarrestabile, accelera l’evacuazione dei nazisti, e preserva città ed abitanti da una catastrofica follia distruttiva: Hitler aveva personalmente ordinato che Napoli fosse ridotta “fango e cenere” prima della ritirata per non concedere ai nemici l’utilizzo di una base marittima di tale importanza. Le truppe dei nuovi Alleati faranno invece ingresso nell’interland napoletano senza colpo ferire. Secondo alcune fonti il tributo della sollevazione fu di 562 morti. La città riceverà la Medaglia d’oro al valor militare.

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...E come potevamo noi cantare … ? (S. Quasimodo, “Alle fronde dei salici”)

Il primo ottobre del ’43 l’esercito anglo-americano, proveniente dalla piana del Sarno, entra a Napoli, e le truppe inglesi occupano il Molosiglio: “La sede è devastata e requisita” scrivono i compilatori dell’album fotografico del Circolo. Il Presidente Palmieri trasporta quel che resta degli arredi in un suo appartamento a Pizzofalcone; per favorire un punto di incontro ai pochi soci rimasti, la sede sociale viene distaccata in Via Santa Lucia n. 29 presso l’abitazione di Mario Forzati.
Nelle zone a sud della linea Gustav, cominciano le controffensive aeree germaniche, e Napoli deve patire altre perdite. In una città semidistrutta, la più danneggiata d’Italia dai bombardamenti, tra macerie e miseria, con gli uomini al fronte, la mente rivolta all’incognita del futuro, lo sport viene accantonato al pari di ogni attività ricreativa non indispensabile; nelle difficoltà quotidiane non si poteva che pensare a sopravvivere.

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Ritorno a casa
...Quis hic locus, quae regio, quae mundi plaga? (Seneca, “Hercules furens”)

Mentre la guerra ancora imperversa nel nord della Penisola, all’inizio del 1945 viene eletto Presidente del Circolo Piero Cutolo. Dinamico, intraprendente, infaticabile, l’anno dopo ottiene che la casa venga restituita alla Canottieri. Inutile dire che è irriconoscibile: del passato splendore non vi è nulla, gli echi delle magnifiche feste, del vociare degli atleti sembrano distanti secoli. E’ solo silenzio, a stento si ode lo scrosciare dell’acqua sulla banchina. “La guerra (fu) vissuta dal Circolo, dai dirigenti, dagli atleti e dalle pietre stesse della Sede Sociale”. Questa la sintesi che diedero di quei tristi avvenimenti Ninò Bruschini e Pietro De Gregori nel redigere il volume del cinquantenario.
Come nei momenti bui del conflitto gli ottimati rimasti si erano adoperati per salvare il Circolo e preservare la coesione sociale, così adesso tutte le energie sono concentrate in un unico sforzo: la ricostituzione della Canottieri, la continuità con il passato. Ed ecco il primo segno tangibile della ripresa: barche, yole, vele, coppe, trofei, mobilia, arredi e materiali tecnici rientrano in sede; si recupera finanche il bar, che era stato spostato da un ufficiale di sua maestà britannica in una villetta da lui confiscata. Può così considerarsi finalmente concluso il terribile periodo bellico; per quelli che si ritrovano è la fine di un incubo.

Ma non poteva dimenticarsi il sacrificio di guerra dei giallorossi: tanti si distinsero nelle operazioni militari cui furono chiamati, come Luigi Rotondo, Capitano d’artiglieria, decorato sul campo. Di molti rimase solo l’affettuosa memoria, sublimata dall’amore per la Patria, dal senso del dovere spinto fino all’estremo martirio; notevoli gli esempi degli Avvocati Paolo Abbamonte, Nando Gianturco, Campione d’Europa di vela nel ’35 caduto valorosamente in Grecia, ed Enrico Forzati, Medaglia d’oro al valor militare, fucilato a Nola dai tedeschi: avendo visto un commilitone, sgomento, spinto davanti al plotone d’esecuzione, prese il suo posto dicendo: “Sono stato chiamato io”. E ancora, Renato Gomez De Ayala, comandante dei bersaglieri, colpito sulle alture di Benafer nella guerra di Spagna, Medaglia d’oro postuma; gli è intitolata una strada al Vomero.
Si decise subito di rendere ossequio a quelli che non tornarono ricordandoli sulla lapide “Caduti per la patria”, che riunisce assieme quanti diedero la vita in tutte le guerre che funestarono il XX secolo 2.
I loro nomi sono lì, su quella lastra marmorea posta sulla facciata della casa; vegliano sulle nostre attività, rivolti forse “alla marina schiuma che sull’onda biancheggia, a quella scia ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde; anche alle nubi, insensibili nubi, che si fanno e disfanno in chiaro cielo; e ad altre cose leggere e vaganti” (U. Saba).
Un tempo era costume dedicarvi una corona di fiori, con vicino due remi incrociati – un tempo: oggi si passa dinanzi ad essa con troppa fretta. Però a volte, sul far del mattino, con il piazzale libero da ingombri, il bianco della pietra e il rosso delle lettere sono illuminati dal sole.

...L’hanno ritrovata. Cosa ? - L’eternità. E’ il riflesso del mare. Con il sole. (A. Rimbaud, “Eternità”)


NOTE
1 Valerio Perentin, nato il 12 luglio 1909 nell’Isola d’Istria, era noto per avere una frequenza cardiaca bassissima; vogava con la locale Canottieri Pullino, società all’epoca fortissima. Cinque volte Campione agli Assoluti, partecipò anche alle Olimpiadi di Berlino ’36; si trasferì in Italia in seguito all’annessione della sua terra da parte della Jugoslavia. I quattro ori europei furono a Bydgoszcz (Polonia) ’29, Belgrado ’32, Budapest ’33, Lucerna ’34. Quando si spense a Napoli il 7 gennaio 1998, era il più anziano detentore di una medaglia d’oro olimpica italiana.


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